Cosa c’è di più bello del colore in ogni sua sfumatura e profondità?! Quando dipingo e il colore mi finisce sulle mani mi sono sempre detta che non ho le mani “sporche” ma semplicemente macchiate di colore…è un modo di vedere questo strumento come un dono da utilizzare, e le stesse mani possono essere pennelli per colorare e mettere fuori quanto vogliamo imprimere su carta.

Il colore ha diversi significati, i più importanti sono quello scientifico e quello artistico, che pur parlando della stessa cosa è visto da due punti di vista completamente diversi. Per gli scienziati il colore è ‘Luce composta da radiazione elettromagnetica di una determinata lunghezza d’onda o più lunghezze d’onda’. Per gli artisti il colore è ‘Sostanza naturale o artificiale di cui si applica uno strato per tingere o dipingere’.

Noi sappiamo che ci sono dei colori base, detti ‘assoluti’ ovvero fondamentali e puri, dai quali si possono produrre tutti gli altri colori…ebbene anche qui le due categorie precedenti li distinguono diversamente. Per gli scienziati i colori primari (spettrali) sono il rosso, il blu e il verde, mentre per gli artisti i colori primari (pittorici) sono il rosso, il giallo ed il blu.. E qui la cosa si fa interessante: mescolando i primi tre colori spettrali si ottiene il bianco, mentre se mescoliamo i tre colori pittorici si ottiene il colore nero.

Ecco…ora se vi eccita la parte scientifica sappiate che è finalizzata a se stessa, se vi interessa la parte pittorica invece…bhè allora sappiate che dall’arte c’è sempre da imparare giocando. Infatti mescolando i colori primari a due a due tra loro, si ottengono altri colori detti più precisamente “secondari”:

  • Arancione dato dal giallo+rosso
  • Verde dato dal giallo+blu
  • Viola dato dal rosso+blu

Quando invece si mescolano in parti non uguali i colori primari, otteniamo diversi tipi di colori, detti “sfumature”.

Ogni colore ha un colore opposto detto “complementare” che più precisamente è quel colore secondario ottenuto dalla mescolanza degli altri due primari: rosso è complementare del verde (giallo + blu) – giallo è complementare del viola (blu + rosso) – blu è complementare dell’arancione (rosso + giallo). Queste coppie di colori, un primario e il suo complementare, sono sempre in equilibrio tra loro, cioè stanno bene accostati tra loro, l’uno da risalto all’altro, in più la loro mescolanza in parti uguali crea la stessa tinta, il grigio. E’ da osservare che quando i nostri occhi guardano qualcosa di colore grigio, essi sono in una condizione di equilibrio ed il grigio è anche il risultato della mescolanza tra il nero e il bianco.

Ma il bianco e il nero sono colori? Il bianco è visto come la totalità della luce, mentre il nero come la privazione di luce ed essi per i pittori sono comunque colori, il bianco detto anch’esso primario perché non si può ottenere da altri colori, il nero fa parte dei colori secondari perché si ottiene con la mescolanza del giallo, del rosso e del blu.

Ma i colori come venivano fatti nell’antichità?

  • Il Bianco si otteneva con calce spenta diluita in acqua, ma a questo prodotto di poco corpo si preferivano le terre di Milo e di Samo, la creta argentaria, la creta cimolia (proveniente dall’Umbria), la creta selinusia e la cerussa o biacca di piombo.
  • Per il Giallo la sostanza più usata fin dall’età più antica fu l’ocra, che è perossido di ferro idrato, ed ha molte varietà di colore; si adoperavano ocre delle più diverse provenienze, ma di tutte era considerata migliore l’attica, che, secondo Plinio (Nat. hist., xxxiii, 160), Polignoto e Mikon adoperarono per primi in pittura, e che era imitata con creta colorata mediante succo di zafferano o bollitura di fiori gialli analoghi (violacciocca, erba guada, che davano tinture molto diffuse). Un altro giallo era dato dall’orpimento, che è sesquisolfuro d’arsenico e si trovava in natura nelle miniere d’oro e d’argento dell’Asia Minore.
  • L’ Azzurro, se ne distinguevano per la provenienza tre specie, l’egizio, lo scitico e il cipriota: del secondo si ottenevano, a dire di Plinio (Nat. hist., xxxiii, 161), quattro varietà, mentre il primo, che era la solita fritta egiziana sempre preferita, si chiamò vestorianum o puteolanum caeruleum, perché un tal Vestorius fondò a Pozzuoli una fabbrica sul sistema di Alessandria; ad Efeso e a Pompei si sono trovati blocchi di questo colore, che sono stati sottoposti all’analisi. Si tratta di un composto cristallino contenente silice, ossido di calcio e ossido di rame ottenuto con quarzo fuso e carbonati di rame e di calcio, oltre a carbonato di sodio e potassio usato come fondente. Se ne usavano inoltre qualità meno raffinate e pregevoli, che avevano denominazioni diverse (lomentum, tritum). Lo si trova in Egitto a partire dalla IV dinastia, poi nella civiltà cretese, babilonese, assira, in Grecia e in età romana fino almeno al tempo di Costantino. Il più bell’azzurro di oltremare si otteneva mediante lapislazzuli, ed è questo probabilmente lo scitico, mentre nel cobalto pare debba identificarsi il sil caeruleum di Plinio, che si trovava nelle miniere di oro e d’argento, ma di cui non si è riconosciuta traccia nelle analisi di materie coloranti antiche. Oltremare era probabilmente anche l’azzurro d’Armenia. Ma tutti questi colori costosi erano sempre imitati e falsificati mediante sabbia di Spagna polverizzata e creta bianca di Selinunte tinte con glastum o vitrum. I Romani conobbero anche l’indaco, ma l’usarono limitatamente per il suo costo.
  • Il Verde: s’adoperava più che altro la varietà verde di chrysocolla comprendente la malachite e lo spato verde, che è carbonato e idrocarbonato di rame, e si trovava allo stato di natura in Armenia, in Macedonia ed a Cipro. Si sfruttavano inoltre argille tinte in natura da ossidi di rame: l’appianum o creta viridis, verde di Verona, l’armenium, verde mare, ecc. L’aerugo o aeruca verderame, di uso comune, si otteneva sia traendolo dalla cottura dei minerali, sia mettendo pezzi di rame nell’aceto, e aggiungendovi a volte sale e soda.
  • Per il Rosso, in ogni epoca si ebbero molte gradazioni diverse dal rosso chiaro al bruno; spesso per altro gli autori discordano nelle denominazioni così da determinare equivoci nell’identificazione delle singole materie: il cinabro o vermiglione brillante, che è un solfuro doppio di mercurio e si trova nativo nelle miniere, è chiamato minium da Vitruvio e Plinio, mentre questi e Dioscoride chiamano cinnabaris indica le resine ricavate da speciali piante, cioè il sangue di dragone, ch’era fra i colores floridi per il suo costo, e sulla cui origine dal sangue di elefante. Le ematiti fornivano molte gradazioni: perossido di ferro rosso scuro proveniente dall’Etiopia, idrossido di ferro bruno dall’Arabia, ossido di ferro detto elatite da Sinope del Ponto, che corrisponde alla sanguigna e si otteneva anche artificialmente esponendo al fuoco l’ocra gialla; da questa non era sempre ben distinta la rubrica, terra di ocra rossa nativa, della quale si avevano numerose varietà, fra cui migliore appunto quella di Sinope, fino alla terra d’ombra, tutte molto sfruttate dall’età più antica. Il minio fu scoperto casualmente, ci dice Plinio, e usato primieramente da Nikias intorno al 330 a. C.: era chiamato cerussa usta o sandaraca, mentre, mescolandolo in parti eguali con la rubrica si otteneva il sandyx, di color cremisi. Negli affreschi i rossi son terre d’ocra naturalmente tinte da diversi ossidi di ferro, mentre il finissimo colore dei vasi aretini è dato da un ossido di ferro misto ad un silicato alcalino e, secondo recenti ricerche, ad acido borico (Nasini, in Rend. Acc. Lincei, cl. scienze fisiche, 1930, p. 361); infine il rosso purpureo dei vetri era dato da un ossido di manganese. Molti erano i rossi di origine organica: vegetali come il sandyx (radice di garanza), l’hysginum, l’indica già menzionata, ecc. o animali come la porpora del murice ed il puniceum del coccum ilicis: queste tinture, che servivano in tutte le industrie, erano in parte utilizzate dai pittori impastate con creta bianca.
  • Il Nero era generalmente carbonaceo, e cioè ottenuto dai prodotti della combustione di sostanze diverse; i neri hanno quindi nomi diversi, e sono talvolta impastati con gomma o glutine per acquistar corpo. Inoltre la fabbricazione dell’indicum (inchiostro di Cina) dava come prodotto sussidiario un nerofumo adoperato in pittura; infine sono da menzionare i neri di origine organica, usati nella tintura industriale e che potevano essere adoperati anche in arte.

A quanto pare gli antichi erano molto più bravi di noi a giocare al ‘piccolo chimico’, avevano una cultura che ahimè oggi è andata persa, grazie all’industria che ci fa trovare i colori, di provenienza naturale e artificiale, direttamente in barattolo e in tutte le nuance che desideriamo, guadagnandoci da un lato, ma perdendo dall’altro la bellezza ed il fascino della sperimentazione della miscelazione delle sostanze. Questo è un valore aggiunto per i pittori ed i quadri di quelle epoche dove il progetto del quadro era fatto non solo dall’obiettivo figurativo, quanto dalla costruzione di esso, nella sua complessità, della preparazione dei colori, le sfumature con le polveri centellinate per conoscere le proporzioni giuste per ricrearli ed il costo dei materiali. Quanta bellezza celata dietro queste le opere d’arte che andiamo a visitare e a conoscere nei musei più rinomati.

Il fascino dei colori è anche a livello sensoriale, quello che essi ci trasmettono alla sola vista, insieme alla composizione del quadro, dei soggetti, delle proporzioni. Non a caso infatti, dando un nome a queste sensazioni smosse dal colore è stato associato loro un significato:

  • Rosso: passione, calore, forza, vivacità, energia, pericolo, rabbia.
  • Arancione: gioia, generosità, innovazione.
  • Giallo: allegria, giovinezza, nostalgia, ricordi, creatività.
  • Verde: armonia, naturalezza, libertà, gelosia, avidità, speranza.
  • Azzurro: comunicazione, lealtà, fanciullezza.
  • Blu: affidabilità, professionalità, tranquillità, calma, serenità.
  • Viola: vibrante, eccentricità,magnificenza, potenza.
  • Rosa: dolcezza, sensibilità, intuito, romanticità, famiglia, genitorialità.
  • Bianco: purezza, onestà, innocenza, sterilità, freddezza.
  • Nero: eleganza, morte, sofferenza, lutto, oscurità, sofisticato, misterioso.
  • Marrone: corporeità, naturalezza, familiarità, prudenza, pazienza.
  • Grigio: neutralità, incertezza, freddezza.

I colori sanno essere sensoriali, si relazionano alla nostra psiche nel quotidiano mentendo al nostro stesso cervello…infatti, se pensiamo che il colore arancione alle pareti ci riscalda facendoci sentire meno freddo, ce il paglierino stimola la fame, il rosso è uno stimolante antidepressivo, il giallo è proibito sugli aerei perché fa venire la nausea, l’azzurro negli ospedali serve a diffondere calma nei pazienti ospitati…bhè allora non resta che lasciarci trascinare da questa meraviglia che è la natura ed i suoi colori.

Sembra inoltre che il colore trasformi le nostre percezioni, esso ha tante storie da raccontare che neppure ci sogniamo.

Ogni popolo, in ogni tempo, ha attribuito ai colori significati simbolici diversi e nomi che variavano da una cultura all’altra. Se in occidente il colore del lutto è il nero, in Cina è il bianco. Alcune popolazioni della Nuova Guinea distinguono i colori solo con le espressioni chiaro e scuro. Gli eschimesi hanno coniato sette termini diversi per indicare il bianco, tonalità dominante nel loro mondo. Nel Giappone imperiale il giallo poteva essere indossato solo da chi apparteneva alla famiglia reale. Nell’antica Grecia invece, il giallo era il colore dei pazzi. Molte tribù degli indiani d’America si cerchiavano gli occhi di giallo intenso, pensando in tal modo di ipnotizzare il nemico e indossavano casacche gialle e nere perché tale abbinamento, utilizzato anche nel mondo animale (come le vespe ed i ragni) serve da avvertimento: chi sfoggia tali tonalità nasconde un pericoloso veleno.

Il verde del semaforo, è un colore equilibrato ed è usato come segnale di via libera, mentre il rosso, colore decisamente caldo, stimola maggiormente la nostra attenzione, e ci segnala un pericolo, esso è usato come stop delle auto e nei segnali stradali, perché visibile fortemente anche di giorno con la luce diretta del sole. Mentre di notte la luce più forte che si propaga per una distanza maggiore è il blu, utilizzato dalle nostre forze armate.

Gli eserciti, se prima portavano colori vivaci per intimorire il nemico, perché combattevano corpo a corpo, con il cambiamento del modo di combattere sono passati ad avere un abbigliamento mimetico, così da mimetizzarsi nella natura e combattere a distanza con le armi da fuoco.

Una Ferrari grigio metallizzato perde la sua valenza eccitativa rispetto ad una “rosso Ferrari”… nome coniato come sfumatura di rosso.

Dei colori potremmo parlarne ancora, essi svelano l’interiorità di ognuno di noi e l’uso che se ne fa sin da piccoli serve per far emergere quanto l’anima vive. Utilizzati anche in psicologia per testare l’animo del paziente svela un mondo che ancora gli studiosi cercano di studiare. Essi sono terapeutici nel loro uso oltre che stimolanti e ludici. Appartengono ad ogni forma d’arte, dalla pittura, alla fotografia, alla poesia, alla natura…la più grande maestra ricca di colori e sfumature, dalla quale prendere ispirazione ed imparare.